la gioia del danno


Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? 
Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. 
Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? 
A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! 
Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! 
Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! 
Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! 
Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! 
Quanta superbia, quanta autosufficienza! 
Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! 
Tutto ciò è presente nella sua passione. 
Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. 
Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cfr. Mt 8, 25).
J. Ratzinger, Via Crucis 2005 (IX stazione)



"Penso di essere tanto sensibile quanto te (o qualsiasi altro cristiano) di fronte agli scandali, siano essi del clero che dei laici. 
Io ho sofferto dolorosamente nella mia vita a causa di preti stupidi, stanchi, ignoranti o persino cattivi; 
ma ora mi conosco abbastanza bene da sapere che non lascerò la Chiesa 
(che per me significherebbe lasciare l’alleanza con Nostro Signore) 
per una qualsiasi di queste ragioni".

 Dalla lettera di J.R.R.Tolkien del 1 novembre 1963 a Michael Tolkien, 
in J.R.R.Tolkien, La realtà in trasparenza. Lettere (a cura di Humphrey Carpenter e Christopher Tolkien).